Vi sarà capitato di ingrassare in un periodo particolarmente stressante. Forse vi siete anche sentiti in colpa per aver perso l’autocontrollo.
In queste situazioni vorremmo dimagrire e non recuperare il peso perduto ma…
- La perdita di peso rapida non è una soluzione in quanto può ridurre drasticamente il metabolismo, rendendo più probabile il recupero del peso.
- Cercare la “dieta giusta” non può essere d’aiuto visto che una nuova ricerca ha dimostrato che diversi piani di alimentazione sana funzionano tutti ugualmente bene.
- La dieta raramente produce una perdita di peso duratura, per questo molte persone rinunciano completamente alla perdita di peso.
Perchè recuperiamo il peso perso con la dieta?
Uno dei motivi principali per cui le persone mangiano troppo e recuperano il peso perso è che non hanno cambiato il comportamento sottostante che le porta a desiderare conforto dal cibo. Si tratta di meccanismi che si svolgono principalmente nel cervello e sono legati ai modi abituali di rispondere allo stress.
I tradizionali programmi di perdita di peso non si sono concentrati sul cambiare le reazioni allo stress che scatenano l’alimentazione incontrollata. E’ questo uno dei motivi per cui la loro efficacia a lungo termine è stata così deludente: due terzi delle persone che perdono peso recuperano più peso di quello che hanno perso.
Neuroscienze e cause dell’alimentazione incontrollata
Le ricerche condotte dalla Prof.ssa Laurel Mellin in neuroscienze l’hanno portata a indagare le cause dell’alimentazione eccessiva e incontrollata (binge eating) e del conseguente recupero di peso. In particolare ha studiato in che modo lo stress fisiologico o lo “stress cerebrale” creino una miriade di cambiamenti chimici che rendono quasi inevitabile l’alimentazione incontrollata e l’aumento di peso. Molte delle lotte che le persone hanno con il cibo, sostiene la Prof.ssa Mellin, hanno le loro basi nel cervello emotivo, quella parte del cervello che è implicata nelle emozioni. In particolare nei circuiti che elaborano lo stress e determinano come reagiamo allo stress quotidiano. Questi circuiti sono in parti del cervello emotivo che attivano risposte automatiche e inconsce.
Comunque questi circuiti si possono modificare e se si riesce a cambiarli, il cambiamento del comportamento può essere più facile e poiché l’attivazione di questi circuiti contribuisce allo stress cronico, si può ottenere una perdita di peso duratura.
La Prof.ssa Mellin ha fondato e sviluppato l’Emotional Brain Training (EBT): un approccio alla perdita di peso basato sulla neuroscienza, in particolare sui progressi nel campo della neuroplasticità.
Laurel Mellin è psicologa della salute e professoressa di medicina familiare e di comunità e pediatria all’Università della California San Francisco. Ha scritto articoli sulle basi scientifiche e sull’efficacia di EBT ed è l’autrice di quattro libri su questo metodo che sono bestseller del New York Times. Dirige l’organizzazione no-profit The Solution Foundation, che fornisce informazioni sulla salute pubblica relative alle basi scientifiche e agli strumenti dell’EBT.
Il legame tra stress e aumento di peso
Ci sono periodi in cui ci troviamo bloccati, in stallo o sopraffatti. Nelle esperienze di sovraccarico di stress rispondiamo in modo impulsivo con uno stato d’animo, un comportamento, un modello di relazione, uno stile di lavoro o un atteggiamento del corpo che costituiscono reazioni allo stress inefficaci.
Sia che reagiamo afferrando un biscotto che dandoci al superlavoro, le nostre risposte quotidiane allo stress sono determinate dalla riattivazione delle istruzioni su come rispondere che sono state codificate anni o decenni prima. La mano che si immerge nel barattolo dei biscotti è guidata dall’attivazione di un circuito che è stato codificato durante lo stress molto tempo prima e scatena impulsi chimici ed elettrici che ci fanno mangiare troppo nel presente.
L’approccio basato sulla neuroscienza si concentra sul cambiamento dei nostri circuiti dello stress, i circuiti di autoregolazione che si attivano in nanosecondi e che controllano la nostra risposta allo stress (e determinano se mangeremo quel biscotto o andremo a fare una passeggiata).
Sappiamo che nei momenti di stress, tre strutture cerebrali attivano una cascata di cambiamenti biochimici che aumentano la fame, rallentano il metabolismo e favoriscono l’accumulo di grasso:
- l’amigdala (“centro della paura”),
- l’ipotalamo (“centro dell’appetito”)
- il nucleo accumbens (“centro della ricompensa”)
È difficile superare questi meccanismi fisiologici con un cambiamento del comportamento, con i farmaci o con la chirurgia, ma cambiando il modo in cui elaboriamo lo stress cambia il comportamento alimentare senza che sia necessaria una dieta rigida.
L’approccio EBT consiste nel chiedere alle persone di concentrarsi su qualcosa di più positivo rispetto al conteggio delle calorie o alla misurazione delle dimensioni delle porzioni:
- identificare i momenti in cui le persone hanno l’impulso a mangiare in eccesso, momenti che indicano che il circuito è attivato e quindi può essere modificato;
- utilizzare semplici strumenti emotivi per elaborare lo stress e modificare le istruzioni codificate in quel circuito per ridurre il desiderio di mangiare eccessivamente.
Questi ricercatori hanno trovato modi pratici per controllare lo “stress cerebrale” e quelle reazioni esagerate che scatenano l’alimentazione incontrollata, la voglia di zuccheri e le abbuffate di cibo.
I circuiti della sopravvivenza e l’alimentazione incontrollata
I circuiti specifici che innescano l’alimentazione incontrollata e altri schemi emotivi e comportamentali indotti dallo stress sono chiamati circuiti della sopravvivenza. Questi circuiti codificano le istruzioni su come sentirsi, cosa pensare e cosa fare quando si è stressati e, una volta codificati, riattivano automaticamente tale risposta. Tutti abbiamo alcuni di questi circuiti poiché i nostri antenati cacciatori-raccoglitori sopravvissero grazie a queste istruzioni primarie: se correndo in una grotta riuscivano a sfuggire alle fauci di un leone affamato in rapido inseguimento, un circuito di sopravvivenza era codificato per garantire la riproduzione automatica di quella risposta in una simile situazione stressante.
Tuttavia, c’è un problema nel modo in cui il cervello risponde allo stress in quanto le istruzioni di sopravvivenza che hanno permesso ai nostri antenati di correre di riflesso verso una grotta per sopravvivere a una minaccia fisica sono state generalizzate allo stress emotivo. Qualsiasi esperienza di stress emotivo, in particolare all’inizio della vita o in età adulta durante gli inevitabili periodi di sovraccarico di stress, codifica questa pulsione di sopravvivenza. Se l’abbiamo affrontata mangiando cibi contenenti zuccheri raffinati, il cervello ricorda con forza quella risposta basata sull’apprendimento associativo. Il cervello quindi riattiva quel circuito anche in risposta a piccoli stress quotidiani per essere certo che “sopravviviamo” e così ci ritroviamo con il forte impulso a mangiare troppo, come se la nostra vita dipendesse dall’ottenere quel cibo.
Qualunque cosa abbiamo fatto in risposta anche a un piccolo stress emotivo, si regge e si ripete senza il nostro controllo. Il cervello ricorda con forza che abbiamo risposto allo stress con un’abbuffata e poi, ogni volta che siamo leggermente stressati, attiva un circuito che porta all’alimentazione incontrollata. Pensiamo di avere cattive abitudini, mentre in realtà abbiamo alcuni circuiti o memorie di sopravvivenza che vengono riattivati.
La prof.ssa Mellin definisce questi impulsi di sopravvivenza “circuiti alimentari” e una volta codificati, la dieta diventa molto stressante perché il circuito ci dice che dobbiamo mangiare in eccesso per soddisfare i nostri bisogni di sopravvivenza (difesa, amore, protezione, sicurezza). Possiamo mangiare sano per un po’, ma quando arriva lo stress il nostro circuito alimentare si attiva completamente, e non possiamo fare ciò che “dovremmo”, ovvero seguire la nostra dieta. Ci arrendiamo alle istruzioni, codificate nel nostro circuito alimentare, di mangiare cibi grassi e zuccheri. Questi cibi causano picchi glicemici seguiti da bassi livelli di zuccheri nel sangue che scatenano la fame, lo stress, la letargia e l’aumento del peso. Siamo coinvolti in un circolo vizioso di dieta, perdita di peso, stress, alimentazione incontrollata e recupero di peso.
Attivare per cambiare
I ricercatori della New York University hanno aperto le porte all’uso della neuroplasticità per modificare i circuiti dello stress. Hanno scoperto che questi circuiti possono essere modificati, ma solo se attiviamo intenzionalmente un momentaneo livello di stress che corrisponde al livello di stress in cui eravamo quando il circuito è stato codificato. Quindi è necessario attivare i circuiti con lo stress per poterli cambiare.
L’approccio EBT si basa su questa ricerca, ma prevede due passaggi:
- Inizialmente, i partecipanti mirano e indeboliscono i circuiti. Utilizzano una tecnica che attiva l’impulso con lo stress e rielabora le emozioni memorizzate nel circuito. Questo modifica le istruzioni errate del circuito che promuovono l’alimentazione incontrollata in istruzioni per mangiare sano.
- In seguito i partecipanti, dopo che le loro pulsioni verso i cibi di conforto sono svanite, rivolgono la loro attenzione al mangiare sano e al perdere peso.
Il campo ha bisogno di ulteriori ricerche ma, come osservato in diversi studi, l’approccio è promettente. Ad esempio, in uno studio osservazionale condotto presso UCSF, i ricercatori hanno seguito i partecipanti dopo 18 training settimanali sugli strumenti del metodo e hanno mostrato che la perdita di peso era mantenuta anche dopo due anni.
Per concludere, i nostri continui tentativi di cambiare dieta sono inefficaci se non modifichiamo le abitudini del cervello che causano lo stress che porta all’alimentazione incontrollata e al recupero del peso. Bisogna trasformare i circuiti che promuovono la reattività allo stress in circuiti che promuovono la resilienza allo stress.
La foto presente nell’articolo è di Debora Amico
Fonti:
- The Conversation “Overeating? It May be a Brain Glitch.” NeuroscienceNews. NeuroscienceNews, 13 April 2018.
http://neurosciencenews.com/brain-glitch-overeating-8781/
- ebtconnect.net
No Comments