Una base genetica comune per il comportamento sociale nel cane e nell’uomo

La capacità del cane di comunicare e interagire con l’uomo è una delle cose che lo differenzia maggiormente dal cugino selvaggio, il lupo. Uno studio pubblicato il 19 luglio 2017 sulla rivista Science Advances identifica le varianti genetiche che sono legate ai comportamenti sociali che il cane rivolge all’uomo e suggerisce che esista una comune base genetica per il comportamento iper-sociale nel cane e nell’uomo.

Un team interdisciplinare, che comprendeva tra gli altri alcuni ricercatori dell’Università di Princeton, ha sequenziato una regione del cromosoma 6 nel cane e ha trovato diverse sezioni del DNA canino associate a differenze nel comportamento sociale. In molti casi, i  trasposoni (il trasposone è un segmento di DNA che può cambiare la sua posizione all’interno del genoma) presenti su una regione critica per il suo ruolo nella sindrome di Williams-Beuren erano fortemente associati alla tendenza a cercare gli esseri umani per il contatto fisico, l’assistenza e l’informazione. La sindrome di Williams-Beuren è un disturbo congenito caratterizzato da tratti iper-sociali, come ad esempio essere eccezionalmente gregari. Nell’uomo questa sindrome è provocata dalla delezione dei geni di questa regione (la delezione è una mutazione genica consistente nella perdita di uno o più nucleotidi in una sequenza di DNA).

Bridgett vonHoldt, docente di ecologia e biologia evoluzionistica a Princeton e tra gli autori principali dello studio, spiega che la notevole somiglianza tra i comportamenti presenti nella sindrome di Williams-Beuren e l’essere amichevoli dei cani domestici ha suggerito ai ricercatori che potrebbero esserci somiglianze nell’architettura genetica dei due fenotipi.

VonHoldt aveva identificato l’analogo canino della regione critica per la sindrome di Williams-Beuren in una sua pubblicazione su Nature nel 2010. Emily Shuldiner, altra autrice dello studio ed ex studentessa del Princeton, ha individuato le caratteristiche in comune nell’architettura genetica della sindrome di Williams-Beuren e della docilità del cane.

Una forte componente genetica nel comportamento sociale diretto all’uomo da parte del cane è stata riscontrata da vonHoldt, Shuldiner e i loro colleghi analizzando i dati comportamentali e genetici dei cani e dei lupi grigi. Monique Udell, autrice senior dello studio e professoressa di scienze animali e campionarie presso l’Oregon State University, ha raccolto e analizzato i dati comportamentali di 18 cani domestici e di 10 lupi in cattività socializzati con l’uomo, nonché i campioni biologici utilizzati per sequenziare i loro genomi.

Udell ha quantificato i tratti di socialità rivolti all’uomo nei cani e nei lupi. Lo ha fatto osservando ad esempio in che misura si sono rivolti ad un essere umano presente nella stanza per cercare assistenza nel tentativo di sollevare il coperchio di una scatola che conteneva del cibo o il grado in cui cercavano le interazioni sociali con gli esseri umani familiari e sconosciuti. In seguito vonHoldt e Shuldiner hanno sequenziato il genoma nel laboratorio di vonHoldt e hanno correlato i loro risultati.

In linea con la loro ipotesi, i ricercatori hanno confermato che i cani addomesticati mostravano più comportamenti diretti all’uomo e trascorrevano più tempo in prossimità degli esseri umani rispetto ai lupi. Inoltre hanno scoperto che alcuni dei transposoni presenti sulla regione critica per la sindrome di Williams-Beuren sono stati trovati solo nei cani domestici, e non nei lupi.

I risultati di VonHoldt suggeriscono che pochi transposoni su questa regione probabilmente governano un insieme complesso di comportamenti sociali. VonHoldt spiega che non hanno trovato un “gene sociale” ma piuttosto un’importante componente genetica alla base della personalità dell’animale, componente che ha contribuito al processo di addomesticamento del lupo selvaggio in un docile cane.

Secondo Anna Kukekova, professore presso il Dipartimento di Scienze Animali dell’Università dell’Illinois di Urbana-Champaign (che ha familiarità con la ricerca anche se non ha avuto un ruolo in essa), lo studio indica che questi geni si sono conservati o sono rimasti sostanzialmente invariati nel corso dell’evoluzione. La Kukekova spiega che la ricerca fornisce le prove dell’esistenza di alcuni meccanismi evolutivi conservativi che contribuiscono alla socialità tra le specie. Aggiunge: “E’ emozionante che abbiano scoperto che questa regione contribuisca alla socialità nei cani”.

L’evidenza dei ricercatori mette in discussione anche il ruolo dell’addomesticazione nell’evoluzione del comportamento canino. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che i primi cani domestici siano stati dei lupi che si sono avventurati nei primi insediamenti umani. Secondo vonHoldt questi proto-cani si sono evoluti non solo nel loro aspetto, ma anche nel loro comportamento, un processo probabilmente influenzato dalla coabitazione delle due specie.

Tuttavia, mentre le ricerche precedenti suggerivano che durante il processo di addomesticamento i cani siano stati selezionati per un insieme di abilità cognitive, in particolare la capacità di discernere il gesto e la voce, la ricerca di vonHoldt e Shuldiner propone che i cani siano stati selezionati per la loro tendenza a cercare la compagnia dell’essere umano. In una sorta di “sopravvivenza del più amichevole”, i primi esseri umani sono entrati in contatto con lupi che mostravano interesse per loro e hanno vissuto solo con questo tipo di “cani primitivi”, li hanno nutriti, favorendo in tal modo il diffondersi del tratto della socialità.

Ricerca originale: “Structural variants in genes associated with human Williams-Beuren Syndrome underlie stereotypical hyper-sociability in domestic dogs,” pubblicato il 19 luglio 2017 su Science Advances.

 

Altri autori dello studio: Ilana Janowitz Koch e Rebecca Kartzinel del Department of Ecology and Evolutionary Biology di Princeton; Andrew Hogan e Elaine Ostrander del Cancer Genetics Branch, National Human Genome Research Institute, National Institutes of Health; Lauren Brubaker e Shelby Wanser del Department of Animal and Rangeland Sciences presso l’Oregon State University; Daniel Stahler del Yellowstone Center for Resources, National Park Service presso lo Yellowstone National Park; Clive Wynne del Department of Psychology dell’Arizona State University e Cancer Genetics Branch, National Human Genome Research Institute presso il National Institutes of Health; Janet Sinsheimer dei Departments of Human Genetics and Biomathematics presso la David Geffen School of Medicine alla University of California di Los Angeles.

Fonte: Princeton “A Common Underlying Genetic Basis for Social Behavior in Dogs and Humans.” NeuroscienceNews. NeuroscienceNews, 19 July 2017.

http://neurosciencenews.com/behavior-genetics-dog-human-7132/

 

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