Uno studio rivela l’esistenza di una infrastruttura cerebrale nei neonati che serve da base per l’alfabetizzazione. Il linguaggio e la lettura possono affinare questa infrastruttura cerebrale preesistente. E’ stata rivelata anche l’attivazione di robuste reti linguistiche mentre i bambini dormono se vengono lette loro delle storie durante il sonno.
Nel dibattito sull’importanza dei fattori biologici e di quelli ambientali per lo sviluppo delle capacità di lettura, i neuroscienziati cognitivi hanno un messaggio chiaro: entrambi sono importanti. Fin dall’infanzia, i bambini hanno una infrastruttura neurale su cui i fattori ambientali perfezionano e costruiscono le abilità di lettura. Nel loro nuovo lavoro presentato al meeting virtuale della Cognitive Neuroscience Society, alcuni scienziati hanno riportato i loro risultati su questi fattori biologici e ambientali – incluso il tempo passato davanti agli schermi in età precoce – e sulla scoperta di biomarkers che possono identificare i bambini a rischio di sviluppare dislessia e altri disturbi dell’acquisizione della lettura.
“La lettura è un’invenzione umana relativamente nuova. Per leggere, i nostri cervelli devono “riciclare” i circuiti neurali originariamente utilizzati per altre abilità come l’elaborazione visiva e il linguaggio, così come per l’attenzione e per le capacità cognitive“, afferma Tzipi Horowitz-Kraus di The Technion in Israel e Cincinnati Children’s Hospital, che ha presieduto il simposio della Cognitive Neuroscience Society su questo nuovo lavoro. “Il fatto che il 5-10% dei bambini in tutto il mondo, in diverse culture e diversi background genetici, soffra di dislessia suggerisce che questo disturbo non si limiti ad una lingua specifica.”
In effetti, la ricerca presentata da Horowitz-Kraus e coll. suggerisce che una varietà di precursori biologici sono presenti nei bambini prima dell’età scolare nelle diverse lingue e diversi fattori ambientali possono aiutare o ostacolare l’acquisizione della lettura. L’obiettivo è identificare precocemente i bambini a rischio, per fornire i migliori interventi possibili per migliorare l’alfabetizzazione.
Il cervello e la lettura durante l’infanzia
Una delle più grandi intuizioni di questi ultimi anni sullo studio dell’acquisizione della lettura è che la maggior parte degli interventi per identificare e curare la dislessia a scuola arrivavano troppo tardi. Negli ultimi dieci anni, studi longitudinali su bambini piccoli del laboratorio di Nadine Gaab presso la Harvard Medical School e altri presso i laboratori di tutto il mondo hanno dimostrato che il cervello dei bambini che sviluppano dislessia è già atipico prima di iniziare l’asilo.
“Sapevamo che il cervello di una persona con dislessia era diverso da quello dei controlli, ma non sapevamo se si trattasse di qualcosa che si sviluppava prima dell’inizio dell’istruzione formale della lettura o se si sviluppava in risposta a un fallimento quotidiano nell’imparare a leggere per un periodo di tempo significativo”, afferma Gaab. “Il nostro lavoro è stato il primo in cui la risonanza magnetica ha potuto mostrare che alcune delle caratteristiche del cervello precedono l’inizio dello sviluppo della lettura“.
E nel nuovo studio presentato al meeting della Cognitive Neuroscience Society, il team di Gaab ha dimostrato che, come gruppo, bambini di 3 mesi di età hanno una infrastruttura di base che aiuta a prevedere il successo nella lettura negli anni successivi.
Nell’ambito dello studio BOLD (Boston Longitudinal Dyslexia), il team di Gaab ha scansionato i cervelli di 140 bambini che avevano un rischio familiare di dislessia e li ha seguiti nel tempo per studiare i cambiamenti nella struttura e nella funzione del loro cervello. Per i dati più recenti, 45 dei soggetti hanno ora compiuto 5 o 6 anni, consentendo ai ricercatori di mappare le loro scansioni cerebrali dalla primissima infanzia fino alle loro capacità di pre-lettura.
“Ciò che i dati dei nostri bambini suggeriscono è che esiste una infrastruttura cerebrale nell’infanzia che funge da base“, spiega Gaab.
“Il linguaggio e la lettura possono essere un processo che affina questa infrastruttura cerebrale preesistente.”
Studiare il cervello dei bambini piccoli in una macchina per risonanza magnetica è tutt’altro che semplice, spiega Gaab. Quando sono bambini molto piccoli, l’obiettivo è far dormire i partecipanti nello scanner. Quindi il suo laboratorio sembra un elaborato centro diurno – con sedie a dondolo adattabili e altri attrezzi ottimizzati per l’uso con lo scanner. Mentre dormono nella risonanza magnetica, i bambini ascoltano delle storie che vengono lette loro, permettendo ai ricercatori di catturare sia informazioni strutturali sul loro cervello che, sorprendentemente, dati funzionali. “Siamo rimasti molto sorpresi nel vedere robuste reti linguistiche attivate mentre i bambini dormono“, afferma Gaab.
Quando i bambini di 5 e 6 anni tornano in laboratorio identificano i suoni delle parole in giochi progettati per testare le loro abilità di pre-lettura. Man mano che crescono, i bambini faranno compiti sempre più avanzati, come leggere nello scanner. Questo lavoro longitudinale offre ai ricercatori una visione d’insieme dello sviluppo della lettura piuttosto che una visione d’istantanea.
Il laboratorio di Gaab sta lavorando per comprendere la compresenza di disturbi come l’ADHD e la discalculia insieme alla dislessia. Vogliono anche capire le tecniche che i bambini usano con successo per compensare la dislessia. “Ora vediamo che i bambini non sono una “lavagna pulita” per l’esperienza della lettura”, afferma Gaab, e al suo laboratorio vogliono non solo comprendere meglio i fattori determinanti, ma anche informare i responsabili politici e il pubblico.
Il cervello che legge sullo schermo
Mentre studiava neurobiochimica per il programma del suo master, Horowitz-Kraus ha lavorato alla preparazione della SAT con suo fratello minore che stava lottando con la lettura nonostante la sua alta intelligenza in compiti non verbali. “Osservare la frustrazione di mio fratello nell’esecuzione di un compito che è molto intuitivo per le persone senza dislessia mi ha fatto fissare l’obiettivo di cercare correlati neurobiologici per le difficoltà di lettura e di trovare modi per migliorare le capacità di lettura”, afferma. “In questo modo, ho pensato, la difficoltà può essere diagnosticata oggettivamente, forse anche prima che la lettura venga acquisita formalmente, e può dimostrare senza dubbio che la difficoltà è reale.”
Quindici anni dopo, Horowitz-Kraus ha fatto proprio questo e, in una nuova ricerca, sta cercando di capire come le condizioni quotidiane influenzano le basi neurobiologiche per la lettura nel cervello. “Sebbene la dislessia sia un disturbo genetico, l’ambiente ha un impatto nel ridurre o nell’aumentare le difficoltà di lettura”, afferma. Il cervello è estremamente plastico nell’età di pre-lettura, e quindi stimoli negativi, come l’eccessiva esposizione agli schermi, possono avere un effetto amplificante sui risultati negativi di un bambino.
In una serie di studi, Horowitz-Kraus e colleghi hanno esaminato il modo in cui l’ambiente di alfabetizzazione domestica, compresa l’esposizione agli schermi, influenzi i circuiti cerebrali dei bambini dai 3 ai 5 anni, in particolare le funzioni esecutive, il linguaggio e l’elaborazione visiva. Come pubblicato di recente su JAMA Pediatrics, un uso dei dispositivi con schermo che vada oltre quello raccomandato dalle linee guida dell’American Academy of Pediatrics è associato ad “una minore integrità micro-strutturale dei tratti della sostanza bianca del cervello che supportano il linguaggio e le abilità emergenti di alfabetizzazione nei bambini della scuola materna“.
Il lavoro precedente con EEG aveva trovato una comprensione narrativa ridotta nei bambini in età prescolare che ascoltavano storie dagli schermi rispetto a quando una persona leggeva per loro. Hanno anche scoperto che l’esposizione allo schermo coinvolge reti cerebrali diverse nei bambini con dislessia rispetto ai lettori tipici.
I risultati suggeriscono, afferma Horowitz-Kraus, che ascoltare storie attraverso gli schermi non è simile alla lettura da parte di una persona quando si cerca di nutrire il cervello in via di sviluppo. “Non vi è alcun sostituto per lo storytelling di un familiare nel coinvolgimento dei circuiti neuronali relativi alla futura lettura “, afferma.
Tali studi, resi possibili dai moderni dati di neuroimaging, stanno consentendo per la prima volta ai ricercatori di determinare quale infrastruttura è necessaria per essere in grado di leggere e permettono di tracciare lo sviluppo tipico e atipico di questa struttura e di sviluppare interventi precoci adeguati.
Sia Horowitz-Karus che Gaab prevedono di passare a un modello più preventivo per i disturbi della lettura. “Questo modello preventivo è qualcosa che abbracciamo molto in medicina, ma per qualche ragione, non l’abbiamo ancora fatto nel campo dell’istruzione”, afferma Gaab. Cita lo screening del colesterolo per aiutare a identificare le persone a rischio di malattie cardiache come modello che potrebbe funzionare per la dislessia e altri disturbi dell’apprendimento.
La loro ed altre ricerche hanno già portato a nuove politiche educative, incluso lo screening precoce della dislessia in 29 stati per identificare i bambini a rischio nella scuola materna. “Noi e altri neuroscienziati cognitivi speriamo di continuare a contribuire a questo passaggio ad un modello preventivo”, conclude Gaab.
Ricerca originale: Il simposio “Moving from a Deficit-Oriented to a Preventive Model in Education: Examining Neural Correlates for Reading Development” ha avuto luogo presso il CNS 2020 Virtual, dal 2 al 5 maggio.
Fonte:
neurosciencenews.com/reading-brain-development-16325/
No Comments